Sociologi della comunicazione
INTRODUZIONE
Nel 1° capitolo si parlerà di autori definiti “deterministi” come Innis, McLuhan, a loro si può affiancare anche Debray. Nel 2° capitolo invece, vedremo due autori che hanno contribuito allo studio dei media: Meyrowitz e De Kerckhove. Nel 3° capitolo invece si affronterà la nozione di “Industria culturale”, e troveremo riscontri con alcuni lavoro di Benjamin e Morin. Nel 4° capitolo, Debord, Virilio e Baudrillard che pongono una serie di dubbi sulla bontà dell’impatto mediale. Nell’ultimo capitolo, ci sono autori come Castells, Levy e Maldonado che studieranno lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e i cambiamenti sociali connessi. Infine viene fatta una breve introduzione sui “Cultural Studies” e Carey.
I - HAROLD ADAMS INNIS.
Fa riferimento alla “Scuola di Toronto”, ponendo l’attenzione alla natura dei medium e non hai messaggi(determinismo tecnologico). Innis era un “economista” prestato alla scienza dei media. Mentre lavorava ad un libro “Libro sul commercio del legname e della cellulosa”, si rende conto che senza la carta l’economia moderna non poteva funzionare né esistere, concludendo che la carta determina lo sviluppo economico complessivo. Ed estende la sua ricerca ad altre epoche e altri media. Innis estende la sua ricerca ad altre epoche e altri media. Dall’Egitto aveva 2 media, la pietra, difficilmente trasportabile e riducendo la circolazione di informazioni. Poi il papiro, più leggero e garantiva una maggiore circolazione. I babilonesi avevano la creta, la conoscenza,quindi, era dei sacerdoti. Nella Grecia arcaica la comunicazione era orale, tramandata dai “cantori”. Nell’Impero romano si usava il papiro, che permetteva, essendo leggero, un’amministrazione a distanza, avendo un controllo sullo spazio. Non fecero altrettanto con il tempo. Approfittò di questo il cristianesimo che utilizzava la pergamena prendendo il posto del papiro. La pergamena si ricava dalle pelli di animali, più disponibile rispetto al papiro che si trovava solo in diverse zone. Anche se il suo pesò fece si che la conoscenza era monopolio dei monasteri. Con l’invenzione della carta, leggera e trasportabile, successivamente con la stampa ed il primo libro il sapere non appartiene solo ad un gruppo ristretto di individui. Innis farà anche qualche breve accenno alla radio, che secondo lui ci sarà una rivincita dell’oralità. Innis inoltre ci dice che << l’uso prolungato di un mezzo di comunicazione porterà al formarsi di una nuova civiltà>>. Questo concetto si avvicina molto a quello di McLuhan (il mezzo è il messaggio). Infine, introduce una nozione quella di BIAS, tradotta come proposizione tendenziosa. Può significare “un’influenza deformante” nel momento in cui all’interno di una civiltà verrà adottato un particolare mezzo di comunicazione, la tendenza di quest’ultimo, influenzerà la struttura della civiltà stessa. Il “pregiudizio” invece, influenzando l’organizzazione di una civiltà, i mezzi di comunicazione influenzeranno anche i sistemi di pensiero, ciò non permetterà di conoscere oggettivamente altre civiltà, dominate da altri media.
MARSHALL McLUHAN
Nasce come critico letterario anche se si dedichi molto alla riflessione sui media. L’opera più importante è “Galassia Gutenberg”, che vede la nascita dell’uomo tipografico, cioè la stampa ha cambiato il nostro modo di comprendere il mondo, civiltà moderna. Molto importante è la grande divisione, da una parte l’oralità, primato dell’udito, e dall’altra la scrittura e la stampa, primato della vista.
In altre opere McLuhan espone la sua teoria sui media e analizza singolarmente le tecnologie. Successivamente anche con altre pubblicazioni non cambierà il suo pensiero. L’ultimo libro è “La legge dei media” scritto insieme al figlio ed è una summa del suo pensiero. Gli studi di McLuhan devono molto ad Innis, con cui è possibile trovare anche affinità di stile, ma anche un’idea fondamentale “il medium è il messaggio”. Non è importante il contenuto del medium ma il medium stesso. Per McLuhan i media sono estensioni del corpo umano, ed estendono anche i sensi. Distinguiamo medium caldi come la radio che estende un unico senso, riempiendolo di informazioni, e comportano una partecipazione limitata. I medium freddi invece, come il telefono , si riceve una scarsa quantità di informazioni ma implica un alto grado di partecipazione e richiede l’utilizzo di tutti i sensi. Nell’età orale il medium era la parola parlata e dominava il suono. Questo viene infranto con la scrittura e quindi dalla vista. L’alfabeto separa il segno dal suono (occhio dall’orecchio). Secondo McLuhan la stampa ha contribuito ai nazionalismi, riforma, industrialismo ecc. La stampa intensifica il processo iniziato dalla scrittura ovvero di scomporre frasi e parole in sequele di lettere. La galassia Gutenberg finisce con la collisione con la “galassia Marconi”, ovvero con le nuove tecnologie: telefono, radio, TV. Con l’affermarsi di queste tecnologia abbiamo una sorta di “oralità secondaria”. I media elettronici annullano le distanze spazio temporali, avvicinando tutte le civiltà e formando un villaggio globale.
II – EREDITA’ DETERMINISTE -
JOSHUA MEYROWITZ
Egli ha come autori di riferimento McLuhan(determinismo tecnologico) e Goffman. Per quest’ultimo la vita sociale è una recita con diversi palcoscenici e l’individuo può assumere diversi ruoli. Per Meyrowitz, McLuhan non spiega come i media provochino cambiamenti sociali.
L’autore trova un punto di incontro tra McLuhan e Goffman, ovvero ogni qual volta avviene un cambiamento(dall’evoluzione tecnologica), cambiano i ruoli. Meyrowitz afferma che la TV la radio e il telefono permettono di comunicare con persone che non sono nello stesso luogo, cambiando il significato di tempo e di spazio, modificando la “geografia situazionale” della nostra vita sociale. Il suo libro “Oltre il senso del luogo”, si divide in 3 parti: Il rapporto tra media, passaggio da media tradizionali ad elettronici e poi analizza il cambiamento dei ruoli sociali(infanzia e maturità,ruoli femminili e maschili,leadership politica). Per Goffaman la vita è un teatro, l’individuo può assumere un ruolo da palcoscenico in cui recita, e uno da retroscena in cui si rilassa, solo in quello da palcoscenico percepisce se stesso. Meyrowitz chiama le situazioni sociali, sistemi informativi, cioè un modo per accedere alle informazioni. Non è importante il contenuto ma la struttura del sistema informativo. Esempio: il sistema informativo di un libro e diverso dalla TV, ai primi ci accede chi è alfabetizzato, al secondo accedono tutti. Poi prende in considerazione 3 ruoli: ruoli dell’essere(identità di gruppo), il gruppo si sente unito quando le informazioni non sono condivise con estranei, ma i nuovi media svelando i comportamenti dei gruppi, cambia l’identità di gruppo. Come l’identità femminile. Nelle case americane (nel 1960) c’era la TV, le donne accedevano ad un mondo vasto, ma la condivisione con il retroscena maschile accentuava l’esclusione fino alla ribellione. Ruoli del divenire(socializzazione), per passare da un ruolo ad un altro l’individuo deve assumere ruoli di scena e retroscena del gruppo di riferimento, i media confondono i ruoli tradizionali. Infatti unisce infanzia e maturità, i bambini sono incollati alla TV o ai videogiochi, così accade ad alcuni adulti, che perde il suo ruolo mentre il bambino decodifica il comportamento. Ruoli dell’autorità, ha le conoscenze per avere il controllo su individui e mettere in scena lo spettacolo. Meno le informazioni sono inaccessibili più l’autorità ha forza. I media tendono a fondere i mondi informativi e diminuiscono l’autorità. Infine ci propone delle differenze tra scrittura e televisione. Mentre la scrittura è più complessa rispetto alla lingua parlata, è più selettiva, accresce l’individualità ed è più discorsiva. La tv, invece, è visiva, permette a diversi gruppi di avere le stesse informazioni, caratterizzato dalla rappresentazione del reale.
III - INDUSTRIA CULTURALE - THEODOR ADORNO e MAX HORKHEIMER
La teoria “critica” si oppone alla teoria empirica. Questa teoria nasce nella scuola di Francoforte. Alcuni esponenti di questa scuola come Adorno e Horkheimer vanno negli Stati Uniti, anche se non gradivo la cultura popolare americana, anche se proprio su questo argomento dedicheranno i loro studi. La teoria critica si oppone alla ricerca amministrativa, che analizza la comunicazione di massa con dati empirici e dati di fatto. Per questi autori non ci sono dati di fatto. L’opera più importante , è il saggio “L’industria culturale”. Il termine industria si oppone a quello di cultura di massa. Questa industria culturale è un sistema, attraverso questo sistema la società capitalistica mette in scena il proprio potere. Questo sistema contiene ogni elemento fornendo allo spettatore offrendo stereotipi paralizzando l’immaginazione. Secondo gli autori questo sistema è un circolo di manipolazioni, le aspettative preformate vengono interiorizzate dallo spettatore e si presentano come desideri. Nell’industria culturale non vi è un’individualità, ma una pseudo individualità in balia delle forza sociali. Due cose vengono rimproverate alla teoria critica, non dare importanza alla manifestazione concreta dell’industria di massa, e che questa teoria ci parla delle reazioni dei ceti intellettuali alla cultura di massa e non della cultura di massa stessa.
WALTER BENJAMIN
Può essere accostato alla teoria critica. Anche se analizza l’industria culturale in maniera diversa, lui vede nell’industria culturale una sciagura che ne faceva un occasione di liberazione. La sua opera più importante è “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”. Oggi indossare una maglietta con un dipinto è comune, ma se torniamo indietro con il tempo vediamo che duplicare fedelmente un’opera è una stranezza. Questo processo non ha niente di nuovo, visto che anche i greci riproducevano opere, tutto ciò ha un impulso con la fotografia e cinematografia. In questa tecnica scompare l’aura, ovvero il carisma dell’opera d’arte ciò che la rende unica. Di questa desacralizzazione dell’arte Benjamin intuisce un lato positivo, quello di rendere laica la cultura. Quindi eliminando i concetti tradizionali che hanno origine religiose. Il cinema è la forma d’arte per eccellenza che incarna l’epoca della riproducibilità tecnica. Nel cinema si è tentato di inserire l’elemento che ha gravato sull’arte e sulla ricezione. Proprio quest’ultimo, oltre alla sacralità, è un altro valore che crolla nell’arte. Il valore culturale di divide in due momenti: la distrazione e l’atteggiamento valutativo. Il rapporto delle masse con l’arte si divide da un rapporto retrivo(che si oppone al progresso) e un rapporto progressivo. Il saggio di Benjamin, infine, è percorso da una tensione politica, per utilizzare nella lotta di classe la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte. In realtà siamo in un’epoca in cui i coinvolgimenti culturali sono più importanti di scontri politici passeggeri.
EDGAR MORIN
Mori può essere accostato alla teoria critica, ricorre spesso alla nozione di industria culturale ma lo fa senza polemica come Adorno e Horkheimer. Infatti, Morin studia la cultura di massa attribuendole quelle tradizioni che appartengono a tutte le società. Nell’opera “Il cinema o l’uomo immaginario”, avvia un processo ad un immaginario che non è prefabbricato dall’industria ma è un punto di coincidenza tra immagine e immaginazione.. Nell’opera “Le star”, osserva come le grandi star del cinema, sono allo stesso tempo creature reali e mitologiche, la loro vita privata è pubblica, la vita cinematografica è surreale e la vita reale è mitica. Mentre in “Lo spirito del tempo”, Morin osserva che la cultura è la grande novità della nostra epoca, nonostante tutto avviene una divisione, da un lato chi definisce la civiltà contemporanea nel degrado culturale e dall’altro chi la esalta. Nello studio dell’industria culturale Morin osserva una contraddizione tra il carattere burocratico della produzione e dall’atro la dimensione individuale, la cultura di massa risponde per vie industriali ai propri bisogni. Si può uscire da questo vicolo cieco con gli stereotipi, per Morin sono il punto di incontro tra il mondo dei miti e lo scenario del 900 con la catena di montaggio. E anche se la creazione diventa una produzione non sopprime la bellezza e vitalità. Anche il consumo non è passivo (Adorno e Horkheimer), ma per Morin partecipazione immaginaria e vita reale si compenetrano. Infine La cultura di massa vai in due direzioni: una in cui i doppi, vivono liberi e sovrani, ci consolano con la vita che non abbiamo e distraggono da quella dataci; dall’altra si spingono ad imitare dando esempio della ricerca della felicità.
IV- ALIENAZIONE, DEREALIZZAZIONE, IPERREALTA’ – GUY DEBORD
Intellettuale francese, fondatore del movimento situazioni sta, di chiara matrice marxista. L’opera più importante di Debord è “La società dello spettacolo” che si presenta come un insieme di tesi brevi. E’ una rilettura moderna delle tesi di Marx, spiegando come lo spettacolo caratterizza la vita sociale e la politica dell’epoca. Ripropone quello che Marx chiama feticismo della merce, cioè quando la merce assume valore astratto, simbolico. Debord osserva come lo scambio simbolico avvenga nello spettacolo. La merce nell’era dello spettacolo acquisisce una potenza simbolica, dando sfogo a pseudo-bisogni, inducendo al consumo. Lo spettacolo è la forma nuova di relazioni sociali fra uomini. Qui avviene una separazione: quando il mondo immaginario diventa realtà, l’uomo si estranea dal reale, soggetto al dominio della rappresentazione. Secondo l’autore in ogni contesto vi è rappresentazione ed irrealismo, fino ad affermare che, nella realtà il vero è un momento del falso. Tutto può essere messo in discussione tranne lo spettacolo. Il regime del falso che separa l’uomo dal suo mondo. Debord distingue due tipi di spettacoli con due tipi di sistemi politici: Spettacolo concentrato, tipico delle dittature, si identifica in un solo uomo; Spettacolo diffuso tipico delle democrazie occidentali, pervase dal consumismo. Il tema ricorrente delle opere di Debord è il tempo, che considera morto a vantaggio del tempo spettacolare, tempo ciclico. Formato da un tempo definito eterno e dell’abbandono di una prospettiva storica. Non si è liberi di creare una vita quotidiana, l’artificiale fa scomparire ogni logica. Il proletario è il consumatore, il lavoratore diventa spettatore. Lo spettacolo demolisce il reale. Questa società basata sullo spettacolo, si rivela fragile, formando una falsa coscienza.
JEAN BAUDRILLARD
Il pensiero fondamentale di Baudrillard è la critica al mito dei bisogni primari. E’ errato pensare ad un oggetto esclusivamente per appagare i propri bisogni, ogni oggetto contribuisce alla strutturazione dell’organismo collettivo, acquisendo una funziona sociale. Sul consumo Baudrillard fa delle distinzioni: l’utilità legata alle operazioni pratiche; del mercato legata all’equivalenza; al dono legata all’ambivalenza; dello statuto legata alla differenziazione trai segni. L’oggetto ha l’aspetto utile, di merce e di simbolo. Nella società arcaica lo scambio di un oggetto circola come dono e contro-dono e nasce lo scambio simbolico. In questo regime di senso la realtà è ambivalente. Ogni oggetto può assumere una simbologia differente in base al significato che un gruppo sociale gli conferisce. Oggi tutto ciò non avviene prevale la logica valore/segno ogni cosa diviene oggetto di consumo. Per Braudrillard quando i segni si svincolano dal contesto che li generano, creano una nuova realtà, iperrealtà, più reale del reale. Nell’età contemporanea la forma di simulazione per eccellenza è la virtualità. Se la realtà è una costruzione del pensiero razionale, il virtuale diviene una simulazione completa. IN questo mondo simulato si perde il principio d’assenza, a causa della verificabilità di ogni cosa. La simulazione diventa più reale del reale stesso, dove l’individuo perde i suoi connotati critici e vive in un mondo senza l’illusione, senza più quell’insieme di ipotesi formulate dall’uomo, proprio per questo, secondo Baudrillard, l’uomo simula la realtà, perché trova queste supposizioni insopportabili. L’eccesso di immagini che i media ci inviano, esibisce in maniera incessante il mondo, quasi da sostituirsi ad esso. In conclusione, modificando lo slogan di McLuhan (il mezzo è il messaggio), l’autore francese dice “il grande mezzo è il modello”, ogni media ci impone dei modelli, schemi di interpretazione.